Sunday, 12 February 2012

Blue eyes

"My father has the most beautiful blue eyes I have ever seen in a man. I do not say this because he is my father. They are mariner's eyes, level and steady. On the Malta convoys they scanned the surface of the sea for mines, or the horizon for an enemy warship. They are the eyes of a men who has never known the meaning of dishonesty. They are never tempted hum to anything mean or shoddy." Bruce Chatwin

Uno zufolo e un orologio non sono abbastanza per raccontare una vita.
Non mi ricordo piu' come usavi lo zufolo o a che ti serviva, forse te lo portavi per chiamare il tuo bracco quando andavi a cacciare. A quell'epoca cacciare era piuttosto attraversare i boschi di tronchi e di rami spogli, nella ninnanna sussurrata delle foglie cadute sposate col muschio sotto i piedi. Piano l'odore di terra, dei funghi passati ti si infilava nelle narici e dimenticavi il fucile che ti pesava sulle spalle, la pace e il silenzio dei pensieri si infilava dietro i tuoi occhi azzurri, puri e trasparenti.
Mi piace pensare che una domenica mattina come questa fa somigliare il giardino di Luxembourg a quei tuoi boschi: tra le quattro griglie di metallo, il bianco denso del cielo e tremolante fa atto di omertà di una primavera che dovrebbe essere vicina, i tronchi domestici bagnati nella discreta rugiada dorata dell'inverno, chissà che non sia il respiro della notte che non si vuole alzare. Sai che noi qui viviamo delle giornate veloci come un battere di ciglia, come una faraona che vola via; nei nostri inverni apriamo gli occhi per riuscire appena a abbracciare la luce del mezzogiorno che nasconde già la falcata del tramonto , e di nuovo una notte lunghissima ti invita a dormire e lasciare affondare le futili meditazioni di una giornata nel petrolio del sogno urbano. Siamo marmotte di città e condominio, troppo miopi per vedere la veste d'oro che ricopre i vetri e l'acciaio, noi dall'interno non sappiamo che stiamo in una struttura d'acciaio , non sappiamo per niente se il sole ci sta scaldando.
Da qui l'inverno delle tue campagne sembra durare un giorno appena, soltanto un giorno in cui ti svegli e trovi che un sottile velo di ghiaccio ha sigillato la tua campagna; ieri era autunno e domani forse già i boccioli  forzeranno quel velo rigido e fragile . Ma oggi torni a scaldare le mani al fuoco, dove non ci sono piu' castagne a far correre i bambini.
Chissà se lei lo guarda ora che lo zufolo é posato su quella mensola come una foto; chissà se lo guarda e ti pensa , tu che eri cosi' importante per lei. Chissà se riconosce l'impronta delle tue mani sulla vecchia pelle, se ci ha trattenuto ancora un po' il calore del tuo respiro. Oppure le basta sapere che é li' , che si é tenuta un pezzo di te.
Accanto ci ha messo un'altra foto, quell'orologio bellissimo, rotondo e prezioso che ti capito' forse per caso tra le mani ruvide di contadino, un regalo per un tuo grande atto di nobiltà, che non conosco ma che immagino facilmente alla portata dei tuoi occhi di quel blu cosi' generoso di cielo e di cuore.
Non ricordo piu' quando lo fece riparare; é difficile resistere alla fantasia che un orologio che si é fermato quando riparte ci puo' raccontare quegli anni che lo hanno fatto girare , girare fino a che avesse bisogno di riposarsi. Come se quei tic-tac si mettessero a cantarci le storie di prima, gli anni che hanno contato, tutte le storie di affetto, amore, fame, e nascite spezzettate da loro in ore e minuti.
Io le avrei volute sapere, ma forse tu le volevi dimenticare. Anni che vedo volteggiare e dispiegare orizzonti e legna bruciata e cani che scodinzolano, erano forse per te colmi di delusioni e rimpianti, di terra che é diventata sabbia, di occhi che fissavano le scarpe. E ti sei ritrovato li' sospeso tra il ricordarli e il volerli sostituire con storie piu' grandi e finali piu' lunghi e diversi che potessero dirti chi e perchè faceva chinare tutte quelle teste, imprigionato in una cucina dalle maioliche rassicuranti e fredde, un crocifisso e il telegiornale delle otto.
Il tuo orologio é al sicuro , protetto e non lo tocchiamo mai per non consumarlo con i nostri ricordi, al massimo lo spolvera lei la domenica; lui é li' su quella mensola, rubato allo scorrere del tempo.

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